PANE, PIZZA E UNA SAPORITA FARRATA
DALLA CITTA’ DEL SOLE
E’ con vero orgoglio che vedo spesso, in bella esposizione, il pane di Monte Sant’Angelo, non solo in tante città della Capitanata, ma anche in diverse regioni d’Italia. L’ho trovato infatti a Parma, a Bologna, a Firenze e a Milano. Si vede che i nostri vicini, oltre a fare un ottimo pane, lo sanno anche pubblicizzare e distribuire.
Perciò io, senza essere campanilista, vengo preso da una certa rabbia nel vedere che, esclusi casi sporadici, il pane di Manfredonia non viene né pubblicizzato né esportato. E ciò, nonostante i panificatori sipontini non abbiano nulla da invidiare ai colleghi della città vicina. Se il pane di Monte Sant’Angelo è alto, con una corteccia dura e ben cotta, quello della tradizione sipontina è morbido ed ha una sottile crosta, appena dorata, che a molti piace. Ma, accanto al pane della tradizione, vi sono tanti altri tipi di pane: dalla spianata sottile e senza mollica, alla spaccatela, al “torto” di farina bianca o integrale, alla ciabatta. E non fatemi parlare della focaccia – con aglio, olio, pomodoro fresco, tanto origano e timo garganico - fortemente croccante, prodotta ormai in pochi forni a causa di una modernizzazione davvero deprecabile.
La incapacità nostrana di fare marketing è ormai proverbiale; non accorgersi di avere inesauribili ricchezze nella nostra tradizione è la norma. Ne volete un esempio? La “farrata”. Questo rustico antico, che racchiude in sé tutti gli ingredienti di una cultura contadina e pastorale, fatto di acqua, sale, ricotta di pecora, farro (o grano duro) bollito, col profumo di pepe e foglie di maggiorana, ha la forma di un cuscinetto discoidale, sopra il quale furoreggia il sole. Lasciamo perdere l’industrializzazione della manifattura, che ha fatto delittuosamente scomparire la ripiegatura del bordo (il quale ricordava proprio i raggi solari) e sancito l’abbandono della sfoglia sottilissima e morbida dell’origine – una vera “farrata” penso ormai si possa trovare in una sola bottega, però non vi dirò il nome –; ma è possibile nessuno si adoperi affinché un prodotto così esclusivo, tipico solo della tradizione manfredoniana, possa essere gustato, attraverso un’adeguata operazione pubblicitaria, in altri comuni dell’Italia, come rustico di qualità capace perfino di sostituire la pizza serale?